La voce dei nuovi formati 3. Arte, vita e territorio, 24 ore su 24. Acappella a Napoli è residenza, project space e galleria

La galleria Acappella germoglia da un'esperienza di residenza d'artista, ma anche di project space e di galleria. Oggi accende una luce sulla giovane arte, italiana e non. Comunica l'arte contemporanea in un'immagine diretta e immediata, fin dalla strada, accessibile in un lampo dalla vetrina, che s'illumina al nostro passaggio, 24 ore su 24.

All'intreccio tra mondi in apparenza distanti, tra sperimentazione e mercato, la galleria Acappella sostiene gli emergenti, con un focus anche su giovanissimi artisti campani. 

È evoluzione naturale di un'altra esperienza, tra arte e vita, il Museo Apparente, una residenza d'artista e spazio espositivo nel giardino di casa dei fondatori Clara Calicchio e Corrado Folinea.

 

Qual è l'origine della galleria e quali sono gli obiettivi e le urgenze da cui nasce l'attività? 

«La galleria Acappella, fondata nel 2015, nasce come naturale evoluzione delle attività svolte con il Museo Apparente, residenza per artisti e spazio espositivo fondato nel 2011 nella nostra abitazione privata. Il Museo Apparente è stato adibito, poi, a project space della galleria con un focus su giovani artisti campani. Le due sedi hanno continuato a coesistere inaugurando le loro mostre spesso in contemporanea. Attualmente la galleria è visibile 24/h tramite un sistema di accensione automatica delle luci dalla vetrata di accesso mentre il Museo Apparente è temporaneamente chiuso.

 

Potrebbe descrivere quali sono state le linee guida e il format della galleria fin dal principio? Qual è il campo d’azione, chi sono stati gli artisti coinvolti e cosa li ha accomunati?

«Le linee guida della galleria sono collegate al lavoro svolto con il Museo e cioè ricerca, sperimentazione e valorizzazione degli artisti. Il campo d’azione è quello del primo mercato, le opere che esponiamo sono quasi sempre inedite, mostrate per la prima volta in galleria. Tra gli artisti mi piace ricordare: Luc Fuller, Hella Gerlach, Pennacchio Argentato, Grant Foster, Odessa Straub, Sol Calero, Namsal Siedlecki, Milano Chow, Joana Escoval, Lenz Geerk, Claudio Coltorti, Alessandro Teoldi. Tutti artisti accomunati da un filo investigativo d’avanguardia che rispetta anche il personale gusto. Tra i curatori di alcune collettive, invece citerei: Domenico De Chirico, Melanie Ohnemus, Sonia D’Alto, Tenzig Barshee».

 

Collaborazioni e bilanci. A quali piattaforme digitali guardate, a quali fiere e perché?

«Tra le collaborazioni citerei Daphne Ahlers, Astrid Kajsa Neelander, Rebecca Ness, Till Megerle, Kamilla Bischoff, Michele di Menna, Anna Haas, Vittorio Brodmann, Lino Fiorito. Tra le fiere: Miart, Artissima, Art Rotterdam e Material Art Fair, Code Art Fair. Non siamo molto affascinati dalle piattaforme digitali per l’arte contemporanea che sono in continuo aumento, abbassano la qualità del mercato e banalizzano la vendita dell’opera d’arte. Ci piace molto poter effettuare la vendita di un’opera dopo una mostra in galleria creando un contatto diretto tra questa e il visitatore, perché lo riteniamo un sostegno diretto all’artista, alla galleria e a tutto il piccolo ma complesso meccanismo che c’è dietro ad una esposizione. Siamo tuttavia consapevoli dell’enorme possibilità di visibilità che concede la rete e soprattutto entusiasti dei network che essa genera infatti in questi anni abbiamo raccolto contatti con persone interessanti da tutto il mondo. Siamo spesso corteggiati da realtà digitali che vorrebbero averci tra i loro partner ma per ora desistiamo ad intraprendere questo tipo di collaborazioni. Le fiere, invece, in questo momento di crisi si sono spesso trasformate in queste piattaforme di vendita online e pertanto hanno spesso utilizzato gli stessi metodi per attirare sempre maggiori adesioni sminuendo così il generale prestigio».

 

Sviluppi e futuro del format. Quali idee, iniziative e obiettivi state sviluppando per adattarvi al nuovo scenario che ci attende?

«Nonostante la pandemia siamo contenti in questo momento di poter concentrare ancora di più le nostre energie sulle esposizioni in galleria visitabili su appuntamento e che ci consentono di ricevere poche persone alla volta realmente interessate all’arte e ci regalano opportunità di comunicazione più approfondite. Il Covid ci ha fatto quindi capire che far vedere una mostra a singole persone interessate è molto più coinvolgente e proficuo di un opening affollato. Visto lo stop delle fiere adesso cogliamo l’occasione per concentrare le nostre energie in galleria, la città di Napoli ha risposto benissimo a questa anomala situazione e ha dimostrato ancora una volta di essere ricca di artisti, curatori e pubblico in fermento».

 

In che modo è cambiato il modo di lavorare dei vostri artisti in questo nuovo scenario?

«La Pandemia ha, a mio avviso, rafforzato la tendenza ormai già evidente di un generale ritorno alla pittura e alla scultura. Alcuni dei nostri artisti, Pennacchio Argentato hanno espresso bene nella recente esposizione in galleria lo stato di totale confusione e perdita di orientamento dovuta alla crisi del capitalismo che la pandemia ha evidenziato».

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