Una storia infinita, la storia di Corrado Levi, artista torinese senza età, perché mai dichiarata.
È infinita, perché non si chiude mai, né in un genere, né in una disciplina.
Architetto, artista, poeta, violoncellista, savateur. E poi ancora architetto, artista, poeta, curatore, collezionista, professore...
C'è l’arte, incontrata da ragazzino, appena tredicenne nelle aule di Casorati.
C'è l'architettura, in aula con Carlo Mollino al Politecnico di Torino e poi da assistente di Franco Albini, a Venezia e a Milano, da cui raccoglie il testimone.
Negli anni Ottanta l’avventura continua nella pittura, da garzone di bottega di Mario Schifano, ma anche da curatore, collezionista (il primo a raccogliere le opere di Carla Accardi, a decine).
Da sempre allievo e allo stesso tempo maestro, e poi ancora allievo. E ancora maestro, di un'intera generazione, da Stefano Arienti a Patrick Tuttofuoco.
Ha indicato la strada con uno sguardo libero, laterale, mai assoluto.
Ha curato mostre mitiche, come Il Cangiante, al Pac.
E infine la musica, al violoncello, a cui si esercita ogni giorno nelle lunghe attese della pandemia.
Ha interpretato e attraversato volti, città e storie, di quella che oggi noi definiamo arte contemporanea, a Torino, Venezia, Milano, New York, La Spezia.
Sempre in ascolto, in cerca di ogni parola, a partire da se stesso, come si racconta sottovoce. A occhi chiusi.